martedì 12 novembre 2013

Napoli olè

Siamo d'accordo che Napoli ha vissuto la dominazione spagnola secoli a dietro, siamo d'accordo che ci accomuna la stessa latitudine sul mediterraneo, siamo d'accordo che abbiamo variegate similitudini caratteriali, ma che i napoletani possano compenetrarsi con i cugini spagnoli, comprendendone a pieno lingua e costumi proprio no, non accadrà mai. Quello che voglio raccontarvi in questo articolo è il dramma di un uomo, anzi di un mezz'uomo che, ritornato a casa dal Pescara, già bramava la voglia di calarsi appieno nella sua Napoli con la sua napoletanità. Ed invece nel giro di un anno si è trovato catapultato nella più poliglotta delle squadre internazionali.
Ovviamente parliamo del mitico Lorenzo Insigne che da poco si stava cominciando a capire con Christian Maggio che parlava questa lingua così arcana e misteriosa: l'italiano. Lui che spesso non si capiva nemmeno con Paolo Cannavaro visto che il dialetto di Fuorigrotta aveva cadenze differenti rispetto a quelle di Frattamaggiore. Ma quest'anno, che ha dovuto fronteggiare comunicativamente la colonia spagnola, si è toccato per Lorenzino l'apice dell'astruso. Lo vedi sovente vagare sul campo di Catelvolturno ignaro di quelle che tutti percepiscono come parole e frasi su concetti tattici e moduli di gioco, ma per lui sono semplici suoni indefiniti che rimbalzano nelle sue orecchie alla stessa stregua di un rutto o un colpo di clacson.
Purtroppo questo spagnolo è davvero una lingua incomprensibile per il campioncino targato Na. Che poi, parliamoci chiaro, se tu chiedi a un napoletano che cosa conosce della Spagna, lui riassumerà il tutto in poche nozioni: le nacchere, la corrida, la macarena, la paeglia (rigorosamente scritto così) e il pan di Spagna per le torte di compleanno. E basta. Cosa ne potremo mai sapere di come si parla lo spagnolo? Eppure per il povero Lorenzinho quest'anno la crescita professionale va di pari passo con i suoi confronti verbali con il tecnico Benitez e i compagni Reina, Albiol e Callejon a cui si aggiungono Fernandez e Higuain che si esprimono in spagnolo a causa dei recenti trascorsi nella Liga. E allora via ai siparietti che non t'aspetti.
Era la gara Napoli – Torino, il Pipita Higuain ha appena trasformato un calcio di rigore e nel festeggiare la marcatura con i compagni si rivolge a loro gridando: “Vamos! Vamos!” Insigne arriva di corsa dalle retrovie, abbraccia il compagno e risponde: “Si, anche noi t'amiamos, Gonzalos...”
Evidentemente la storia della S finale che gli ha raccontato Fernandez gli ha confuso ancora di più le idee.
Stessa partita, Napoli – Toro, verticalizzazione di Callejon che serve in profondità Lorenzino che però non scatta mostrando nella circostanza poco dinamismo. Non si fa attendere il rimbrotto di Callejon. “Vai Lorenzo Adelante”
Vacci tu all'Atalanta! E' vero che non sono arrivato sul pallone ma che mi vuoi mandare addirittura a Bergamo mi pare esagerato...”
A questo punto, interviene Benitez dalla panchina che per sottolineare alla squadra che bisogna attaccare con un ritmo di gara che fosse senza fretta ma sempre costante, sfoggia il suo detto più noto: “Ragazzi Sin prisa, pero sin pausa”
Zi' Luisa è in meno pausa? - replica Lorenzo - Mo ho capito perchè teneva sempre quelle vampate di calore...”
Che Insigne avesse qualche penombra di comprendonio linguistico è ormai cosa acclarata ma lo stesso non può dirsi della sua classe cristallina che invece risplende sempre fulgida ogni volta che comincia a dare del tu al pallone. In una delle sue giocate in punta di fioretto perfino Benitez, colto da un impulsivo entusiasmo, si compiace col suo giocatore: “Lorenso te quiero....”
Chieretemi tutto mister - risponde Insigne avvicinandosi alla panchina - mi potete chierere quello che volete, vi sentos...”
E il povero Benitez non può che assecondarlo: “Ha telefonato tua zia Luisa, ha detto se mo che torni a Frattamaggiore gli fai la cortesia di comprargli un ventilatore che tiene caldo assai!”
Fischio finale: Napoli – Torino 2-1. Il toro è matato, ma che fatica matare questo spagnolo.

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