Siamo
d'accordo che Napoli ha vissuto la dominazione spagnola secoli a
dietro, siamo d'accordo che ci accomuna la stessa latitudine sul
mediterraneo, siamo d'accordo che abbiamo variegate similitudini
caratteriali, ma che i napoletani possano compenetrarsi con i cugini
spagnoli, comprendendone a pieno lingua e costumi proprio no, non
accadrà mai. Quello che voglio raccontarvi in questo articolo è il
dramma di un uomo, anzi di un mezz'uomo che, ritornato a casa dal
Pescara, già bramava la voglia di calarsi appieno nella sua Napoli
con la sua napoletanità. Ed invece nel giro di un anno si è trovato
catapultato nella più poliglotta delle squadre internazionali.
Ovviamente
parliamo del mitico Lorenzo Insigne che da poco si stava cominciando
a capire con Christian Maggio che parlava questa lingua così arcana
e misteriosa: l'italiano. Lui che spesso non si capiva nemmeno con
Paolo Cannavaro visto che il dialetto di Fuorigrotta aveva cadenze
differenti rispetto a quelle di Frattamaggiore. Ma quest'anno, che ha
dovuto fronteggiare comunicativamente la colonia spagnola, si è
toccato per Lorenzino l'apice dell'astruso. Lo vedi sovente vagare
sul campo di Catelvolturno ignaro di quelle che tutti percepiscono
come parole e frasi su concetti tattici e moduli di gioco, ma per lui
sono semplici suoni indefiniti che rimbalzano nelle sue orecchie alla
stessa stregua di un rutto o un colpo di clacson.
Purtroppo
questo spagnolo è davvero una lingua incomprensibile per il
campioncino targato Na. Che poi, parliamoci chiaro, se tu chiedi a un
napoletano che cosa conosce della Spagna, lui riassumerà il tutto in
poche nozioni: le nacchere, la corrida, la macarena, la paeglia
(rigorosamente scritto così) e il pan di Spagna per le torte di
compleanno. E basta. Cosa ne potremo mai sapere di come si parla lo
spagnolo? Eppure per il povero Lorenzinho quest'anno la crescita
professionale va di pari passo con i suoi confronti verbali con il
tecnico Benitez e i compagni Reina, Albiol e Callejon a cui si
aggiungono Fernandez e Higuain che si esprimono in spagnolo a causa
dei recenti trascorsi nella Liga. E allora via ai siparietti che non
t'aspetti.
Era la gara
Napoli – Torino, il Pipita Higuain ha appena trasformato un calcio
di rigore e nel festeggiare la marcatura con i compagni si rivolge a
loro gridando: “Vamos! Vamos!” Insigne arriva di corsa dalle
retrovie, abbraccia il compagno e risponde: “Si, anche noi
t'amiamos, Gonzalos...”
Evidentemente
la storia della S finale che gli ha raccontato Fernandez gli ha
confuso ancora di più le idee.
Stessa
partita, Napoli – Toro, verticalizzazione di Callejon che serve in
profondità Lorenzino che però non scatta mostrando nella
circostanza poco dinamismo. Non si fa attendere il rimbrotto di
Callejon. “Vai Lorenzo Adelante”
“Vacci tu
all'Atalanta! E' vero che non sono arrivato sul pallone ma che mi
vuoi mandare addirittura a Bergamo mi pare esagerato...”
A questo
punto, interviene Benitez dalla panchina che per sottolineare alla
squadra che bisogna attaccare con un ritmo di gara che fosse senza
fretta ma sempre costante, sfoggia il suo detto più noto: “Ragazzi
Sin prisa, pero sin pausa”
Che Insigne
avesse qualche penombra di comprendonio linguistico è ormai cosa
acclarata ma lo stesso non può dirsi della sua classe cristallina
che invece risplende sempre fulgida ogni volta che comincia a dare
del tu al pallone. In una delle sue giocate in punta di fioretto
perfino Benitez, colto da un impulsivo entusiasmo, si compiace col
suo giocatore: “Lorenso te quiero....”
“Chieretemi
tutto mister - risponde Insigne avvicinandosi alla panchina - mi
potete chierere quello che volete, vi sentos...”
E il povero
Benitez non può che assecondarlo: “Ha telefonato tua zia Luisa, ha
detto se mo che torni a Frattamaggiore gli fai la cortesia di
comprargli un ventilatore che tiene caldo assai!”
Fischio
finale: Napoli – Torino 2-1. Il toro è matato, ma che fatica
matare questo spagnolo.
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